Martina Frammartino: Quattro salti sul ghiaccio

Che io ami il pattinaggio artistico su ghiaccio non è certo un mistero. Lo amo nonostante la politica. In questo blog ho criticato spesso le valutazioni fatte dai giudici, e le criticherò ancora in futuro. Vorrei vedere uno sport pulito, in cui a vincere è il migliore, e invece troppo spesso entrano in ballo altri elementi che condizionano i risultati delle gare. Ma queste sono considerazioni per un altro momento.

Lo sport lo seguo, e non solo da spettatrice, interessata all’attualità, al momento effimero del risultato. Amo l’evoluzione dello sport, i racconti delle grandi imprese, dei momenti di difficoltà, della vita delle persone e di tutto quello che c’è intorno. Ho letto parecchi libri sul tennis in italiano. Per il pattinaggio mi sono dovuta orientare sui testi in inglese, perché in italiano ho trovato un unico libro, dedicato più alle politiche dello sport che allo sport. E, a un certo punto, mi sono detta che se in italiano non esisteva il tipo di libro che amo, potevo essere io a rimediare a questa lacuna, per tutte le persone che hanno i miei stessi interessi ma che non conoscono l’inglese. Il libro che ho scritto è questo, una storia del pattinaggio artistico su ghiaccio dalla fine dell’800 ai nostri giorni, attraverso le 26 edizioni (2 estive e 24 invernali) in cui la disciplina ha fatto parte dei Giochi olimpici.

La sinossi:

La nascita del pattinaggio artistico su ghiaccio precede quella dei Giochi olimpici moderni, con la federazione internazionale che è stata fondata due anni prima del CIO e la prima edizione del Campionato europeo che si è svolta nel 1891. L’ingresso della disciplina nel programma olimpico risale al 1908, unico sport invernale in un evento per il resto composto da discipline estive. Dalle gesta dei pionieri, con le rivendicazioni femministe di inizio secolo, i cambiamenti nel costume, la discontinuità creata dalle guerre, le questioni politiche che più volte hanno condizionato le gare o la vita degli atleti, episodi che sono usciti dai palazzetti del ghiaccio per finire sulle pagine di cronaca ed entrare nelle aule dei tribunali, il graduale allargamento del campo dei partecipanti a nuovi continenti o ad atleti che non corrispondono alle immagini canoniche dei pattinatori, e richieste tecniche che sono passate dalla precisione delle intricatissime figure tracciate sul ghiaccio nel XIX secolo ai salti quadrupli attuali, la disciplina ha una storia ricchissima, tutta da scoprire.

Una spiegazione un po’ più approfondita del modo in cui mi sono approcciata alla disciplina:

Ulrich Salchow, Gillis Grafstrom, Karl Schafer, Dick Button, Yuzuru Hanyu. E poi ancora Madge Syers, Sonja Henie, Katarina Witt. Si può narrare la storia di uno sport elencando nomi e date, citando record, snocciolando una serie infinita di numeri, ricordando che Salchow e Syers sono stati i primi campioni olimpici nelle gare maschile e femminile, e che gli altri, Grafstrom, Schafer, Button, Hanyu, Henie e Witt sono stati i soli pattinatori capaci di vincere almeno due ori olimpici in una competizione individuale, ricordando i nomi di chi ha vinto nelle gare di coppia. E si può narrare la storia dello sport cercando di capire le persone, ciò che hanno fatto, il valore delle loro gesta nel momento in cui le hanno compiute, e a distanza di tempo.

Ecco allora che Ulrich Salchow non è solo il primo campione olimpico in una disciplina che è nata ufficialmente nel 1891, cinque anni prima dei Giochi olimpici moderni. È anche colui che ha inventato l’omonimo salto, e che per ironia della sorte ha visto la sua carriera concludersi con una caduta proprio sul salto a cui ha donato il suo nome. Un pattinatore che ha vinto tantissimo, ma che avrebbe potuto vincere di più se di mezzo non ci si fosse messa una guerra. La prima delle guerre che hanno decretato uno stop alle gare per alcuni anni, che sono costate la vita a milioni di persone, compresi alcuni atleti, e che hanno tolto il ruolo di continente leader all’Europa per donarlo al Nord America. Prima dell’arrivo dell’Asia.

Quanto a Madge Syers, non è solo la prima campionessa olimpica, vincitrice del titolo negli stessi giorni in cui lo ha vinto Salchow, ma è stata anche un’avversaria di Salchow, prima e unica donna a competere contro gli uomini in un Campionato del mondo, diventando un simbolo di quelle rivendicazioni femministe che all’inizio del XX secolo hanno infiammato l’Europa. Rivendicazioni proseguite dopo la Prima guerra mondiale, quando Theresa Weld ha deciso di eseguire all’interno del suo programma un salto, rischiando l’ira dei giudici se il gesto avesse avuto la sconveniente conseguenza di far sollevare la sua gonna sopra l’altezza delle ginocchia, e portate avanti dopo di lei da Herma Szabo e Sonja Henie, che hanno accorciato le gonne per proporre prestazioni che oltre all’aspetto artistico enfatizzassero quello atletico. Ed Henie non è solo la vincitrice di tre ori olimpici, ma anche una figura capace di far breccia nel cuore del pubblico americano, trasformandosi dopo il ritiro in una star di Hollywood, con all’attivo 15 film con cui ha popolarizzato il pattinaggio al di fuori delle piste di gara.

E dopo di loro sono seguiti un’infinità di altri pattinatori, ciascuno con la sua storia. Uomini e donne che hanno caratterizzato uno sport che per alcuni decenni si è svolto all’aperto, a volte in condizioni climatiche avverse, e che nel tempo è molto cambiato, con il mutare delle richieste tecniche, spesso in risposta a quanto eseguito dai pattinatori sulle piste, e l’ingresso della televisione che ha esaltato gesta sportive ed episodi drammatici di ogni tipo. Infortuni, difficoltà economiche, problemi politici, storie d’amore, gelosie, rivalità così forti da sfociare in episodi di cronaca, desiderio di riscatto nei confronti di un mondo che per vari motivi non era disposto ad accettarli o, per contro, atleti che hanno visto infrangersi i propri sogni contro qualcosa di più grande di loro. E che a volte compiono la loro impresa più grande non nel momento del trionfo ma dopo, quando sono gli altri a salire su quel podio che loro conoscono ma che è diventato meno importante del messaggio che vogliono trasmettere, la richiesta di pace in un mondo sconvolto dalla guerra per Katarina Witt nel 1994, o il mostrare l’importanza dei sogni e dello spirito sportivo per Yuzuru Hanyu nel 2022.

Personalità che emergono mentre i salti da singoli diventano doppi, poi tripli e infine quadrupli, le trottole e i passi sono sempre più intricati e l’interpretazione musicale e l’espressione artistica permeano i gesti di sportivi che allo stesso tempo lottano per una medaglia, un riconoscimento concreto, e che inseguono qualcosa di più intangibile, il contatto con il pubblico, la possibilità di toccare le emozioni trasformando ciò che fanno in arte.

Il libro segue un percorso cronologico, dalla nascita della federazione internazionale e l’istituzione delle prime gare nel XIX secolo fino ai giorni nostri. Ventisei edizioni dei Giochi olimpici, novantacinque competizioni, centinaia di atleti uniti da un unico sogno e diversi fra loro quanto sono diversi gli esseri umani.

L’indice:

Prefazione, di Costanza Rizzacasa d’Orsogna, 7
Le origini del pattinaggio artistico, 11
Londra 1908, 19
Anversa 1920, 25
Chamonix 1924, 31
St. Moritz 1928, 37
Lake Placid 1932, 41
Garmish-Partenkirchen 1936, 47
St. Moritz 1948, 53
Oslo 1952, 61
Cortina D’Ampezzo 1956, 69
Squaw Valley 1960, 77
Innsbruck 1964, 85
Grenoble 1968, 93
Sapporo 1972, 99
Innsbruck 1976, 107
Lake Placid 1980, 115
Sarajevo 1984, 123
Calgary 1988, 133
Albertville 1992, 141
Lillehammer 1994, 151
Nagano 1998, 161
Salt Lake City 2002, 175
Torino 2006, 185
Vancouver 2010, 199
Sochi 2014, 211
PyeongChang 2018, 225
Pechino 2022, 243
Verso Milano-Cortina 2026, 257
Appendice: Gli albi d’oro, 267
Ringraziamenti, 273
Bibliografia, 275

Il libro sul sito dell’editore: https://www.edizionislam.it/quattro-salti-sul-ghiaccio/

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